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Le Concept Car Più Belle della Storia
 

Le concept car più belle della storia

Pubblicato da: Christian
Data pubblicazione: mercoledì 1 agosto 2018
Data ultima modifica: mercoledì 1 agosto 2018
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Le concept car più belle della storia
Di concept cars nella storia ne sono state realizzate tante. Modelli unici utilizzati essenzialmente come prototipi di autovettura, basati su uno o più temi specifici. Al fine di creare nuovi concetti di utilizzo, attraverso funzioni o design che possono essere assolutamente innovativi o anacronistici rispetto alla propria epoca, le concept cars rimangono - tutt'ora - dei grandi modelli che solo osservare è grande cosa. Modelli che hanno anticipato le moderne auto, proiezioni fantasiose al futuro o molto altro sono i principi fondamentali di alcune tra le concept car più belle della storia proposte da Conceptcars.it. Vediamone qualcuna.  

Cadillac Cyclone

Partiamo con la Cadillac Cyclone, l'ultimo grande capolavoro di Harley Earl. L'auto fu pensata rispettando i canoni relativi al design del tempo: grande l'attenzione a design spaziali e missilistici, ma allo stesso il senso di avanguardia non poteva essere meglio reso. A partire dal tettuccio, che offre una visione a 360°, che - insieme alle porte - si apriva secondo un sistema non convenzionale, regolato da meccanismi di apertura a scorrimento. E poi i sensori radar, posti nei coni anteriori dell'auto, in grado di rilevare tutti i pericoli possibili e segnalarli al conducente attraverso spie luminose o suoni di allarme. Senza dimenticarsi, poi, del rivestimento dell'automobile in grado di proteggere dai raggi UV, e del motore V8 da 390 pollici cubici valutato a 325 cavalli (con trasmissione Hydra-Matic a tre velocità). E pensare che si era soltanto negli anni '50.  

BMW GINA

La Geometry and function In "N" Adaptations. («geometria e funzioni in "n" adattamenti»), comunemente indicata come GINA, fu un auto presentata per la prima volta dalla casa automobilistica tedesca nel 2008. Si trattò dell'auto del futuro, così come indicò l'ispirazione alla BMW Z4, che nella sua stessa Z di "futuro" (Zukunft) stava ad indicare tutte le potenzialità dell'auto. La N della GINA indicava proprio le grandi potenzialità dell'auto: sigla che in matematica indica un numero naturale, stava ad indicare la molteplicità di adattamenti dell'auto, pensata per assecondare in ogni modo le richieste da parte dei conducenti. Ed è proprio la grande interazione tra auto e guidatore a essere alla base dell'auto: ogni elemento era infatti perfettamente connesso all'altro, per un senso di unicità totale che poneva il conducente nelle migliori condizioni di guida possibili.  

Fiat Phylla

Nonostante l'interruzione dei progetti che avrebbero portato, entro il 2010, alla produzione in serie della Fiat Phylla, la concept car fu realizzata con il tanto ambizioso progetto dell'autosufficienza. I pannelli solari fotovoltaici da 3,4 kW e una cella combustibile a idrogeno da 1 kW sono i due principi fondamentali della Phylla; in questo modo, era così garantita all'automobile un'autonomia di 18 chilometri al giorno. Inserendo, poi, la spina all'interno della corrente quella stessa autonomia aumentava fino a 220 chilometri quotidiani (con il modico costo di un euro ogni 100 chilometri). La Phylla - termine greco che, tradotto, è "foglia" - non aveva soltanto nelle sue grandi funzionalità il motivo di tanto successo. Il suo design accattivante si basava su un'assenza di quelle caratteristiche che, di solito, definiscono una vettura fotovoltaica: auto non bassa e schiacciata, dalla misura di 2995 mm di lunghezza, 1610 mm di larghezza e 1500 mm di altezza.  

Ferrari Pinin

L'auto che riuscì a impressionare Luca Cordero di Montezemolo, non sfigurando affatto nel Salone dell'Automobile di Torino del 1980. Insieme alla Ferrari Pinin c'erano, infatti, una Lancia Astura del 1937, una Cisitalia 202 del 1947, una Lancia Aurelia B20 del 1951, un’Alfa Romeo Giulietta del 1954 e una Ferrari 250 GT del 1961. L'auto fu dedicata a Battista Farina, detto Pinin. Da qui il nome della Ferrari Pinin, che fu dedicata a suo padre da Sergio Pininfarina. “L’abbiamo battezzata Pinin in ricordo e in omaggio al fondatore della nostra società. Ci auguriamo che questa Ferrari Pinin piaccia al grande Enzo Ferrari e che sappia portare nel mondo un altro messaggio della perfezione meccanica e del design italiano”, scrisse Sergio Pininfarina. Ne derivò un auto dal design futuristico, con linee sinuose e allo stesso tempo nette, sedili in pelle Connolly (che rivestì l'intero abitacolo), la regolazione dei sedili e, infine, il doppio impianto stereofonico.
 
 
 
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